
Roma, 10 nov. - Era definita da molti "la voce dell'Africa". Icona della lotta anti-apartheid nella sua Sudafrica, da sempre impegnata contro la segregazione razziale e per i diritti civili, Miriam Makeba era un'artista-simbolo, costretta per anni all'esilio dal governo di Johannesburg e tornata a casa dopo un lungo girovagare in Europa e negli Usa solo dopo la fine dell'Apartheid, convinta personalmente da Nelson Mandela. Attivista, ma anche grande cantante, dalla voce calda e dalla grande presenza scenica, spesso accompagnata da strumenti etnici e dai costumi tradizionali della sua terra. Nata a Johannesburg 76 anni fa, sua madre era una sangoma di etnia swazi e suo padre, morto quando lei aveva sei anni, era uno Xhosa. Makeba inizio' a cantare a livello professionale negli anni '50, con il gruppo Manhattan Brothers, e poi fondo' una propria band, The Skylarks, che univa jazz e musica tradizionale sudafricana. Nel 1959 canto' nel musical jazz sudafricano King Kong insieme a Hugh Masekela, che poco dopo divenne il suo primo marito. Pur essendo gia' una cantante di successo, alla fine degli anni '50 Makeba ricavava ancora pochissimi introiti dalle sue registrazioni, e non riceveva royalties; per questi motivi inizio' a ipotizzare di lasciare il Sudafrica per gli Stati Uniti. Nel 1960 partecipo' al documentario anti-apartheid Come Back, Africa e fu invitata al Festival del cinema di Venezia; una volta in Europa stabili' di non rimpatriare. Si trasferi' a Londra, dove conobbe Harry Belafonte, che la aiuto' a trasferirsi negli Stati Uniti e farsi conoscere come artista. In America Makeba incise molti dei suoi brani di successo, come Pata Pata, The Click Song ("Qongqothwane" in lingua xhosa) e Malaika. Nel 1966 Makeba ricevette il Grammy per la migliore incisione folk per l'album An Evening with Belafonte/Makeba, inciso insieme a Belafonte. L'album trattava esplicitamente temi politici relativi alla situazione dei neri sudafrica sotto il regime dell'apartheid. Nel 1963 porto' la propria testimonianza al comitato contro l'apartheid delle Nazioni Unite. Il governo sudafricano rispose bandendo i dischi di Makeba e condannandola all'esilio. Nel 1968 sposo' l'attivista per i diritti civili Stokely Carmichael; l'evento genero' controversie negli Stati Uniti, e i suoi contratti discografici furono annullati. Makebe e Carmichael si trasferirono in Guinea, dove divennero amici del presidente Ahmed Sekou Toure' e di sua moglie. Makeba si separo' da Carmichael nel 1973, e continuo' a cantare soprattutto in Africa, Sudamerica ed Europa. Svolse anche il ruolo di delegata della Guinea presso le Nazioni Unite, vincendo il Premio Dag Hammarskjöld per la Pace nel 1986. Dopo la morte della sua unica figlia Bongi (1985), Makeba si trasferi' a Bruxelles. Nel 1987 collaboro' al tour dell'album Graceland di Paul Simon. Poco tempo dopo pubblico' la propria autobiografia, Makeba: My Story. Nel 1990, Nelson Mandela convinse Makeba a rientrare in Sudafrica. Nel 1992 recito' nel film Sarafina! Il profumo della liberta', ispirato alle sommosse di Soweto del 1976, nel ruolo della madre della protagonista. Nel 2002 prese parte anche al documentario Amandla!: A Revolution in Four-Part Harmony, ancora sull'apartheid. Nel 2001 ricevette la Medaglia Otto Hahn per la Pace. L'anno successivo vinse il Polar Music Prize insieme a Sofia Gubaidulina e nel 2004 si classifico' al 38° posto nella classifica dei "grandi sudafricani" stilata da SABC3. Nel 2005 si dedico' a un tour mondiale di addio alle scene, cantando in tutti i paesi che aveva visitato nella sua carriera. Ma la generosita' della cantante la aveva portata, malgrado le precarie condizioni di salute, a cantare a Castel Volturno per un altro artista-simbolo, Roberto Saviano. Le sue ultime note sono per il concerto anticamorra di ieri sera, poi il malore e .la morte improvvisa. (AGI)
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