Dal marito botte e stupri: «Mi ha detto ora ti ammazzo, sono riuscita a fuggire»
«Se mi lasci ti uccido». Daria (il nome è fittizio) ricorda e deglutisce più volte, mentre racconta i suoi vent’anni di violenze subite da un marito padrone sposato poco più che ragazzina. La voce le trema, i lividi sul corpo sono scomparsi ma la ferita nell’anima sanguina ancora. Se n’è andata di casa lo scorso novembre, dopo una litigata furibonda durante la quale suo marito, dopo averla picchiata e violentata, l’ha minacciata che l’avrebbe tenuta segregata per tre giorni e poi l’avrebbe ammazzata. «Sarò il tuo carceriere - le diceva mentre le teneva una mano sulla bocca per soffocarla - e da questa casa uscirai solo morta». Da quella casa, però, Daria è riuscita miracolosamente a uscire viva e non vi ha più fatto ritorno. • Da allora lotta ogni giorno per trovare quella serenitá che non ha mai avuto: «Ora che ho aperto un po’ gli occhi, mi rendo conto che io per vent’anni non ho vissuto la mia vita ma la sua. E prima ho vissuto quella che mi aveva imposto mio padre. Non sono mai stata io, ma solo "figlia di" o "moglie di" Sono cresciuta in una gabbia costruitami intorno da mio padre e probabilmente, per liberarmi, avrei sposato chiunque. Ma mai nessuno sbaglio è stato più grande di quello fatto a 19 anni, quando scelsi di lasciare la casa di mio padre per andare a vivere con quello che sarebbe diventato presto mio marito e con la sua famiglia. Eravamo sposati da pochi mesi e giá mi massacrava di botte, mi colpiva con calci in faccia, in testa, anche davanti a sua madre che si limitava a dire che quelle violenze erano "cose normali" che succedono tra marito e moglie». • Non solamente botte, ma anche umiliazioni pubbliche, tradimenti, truffe e raggiri ha dovuto subire Daria nella sua tormentata vita matrimoniale, vissuta sotto perenne minaccia e allietata soltanto dalla nascita di un figlio: «Non ho mai potuto avere un’amica. Nemmeno una conoscente con cui andare a prendere un caffè - racconta - mio marito pretendeva di decidere perfino dove dovessi andare a fare la spesa perché, nella sua follia, gli estranei erano considerati tutti miei amanti». • E poi i continui soprusi: «Ero costretta a stare con lui sessualmente quando e come diceva lui. Per farmelo capire si metteva in camera da letto e mi chiamava con un fischio per farmi capire che ne aveva voglia e io dovevo ubbidire. Per vent’anni il sesso per me è stato un incubo. Speravo di ammalarmi pur di sottrarmi a questa umiliazione». Quindi l’epilogo: «Quando sono finita in ospedale con uno schiacciamento dello sterno e delle costole ho capito che se fossi rimasta con lui sarei morta. E mi pento di non aver reagito prima, perché ho perso tanti anni della mia vita. E sono anni che nessuno mi ridará mai indietro». Fiorella Loffredo © riproduzione riservata |
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